Autonoma, giovane, donna

Istat, lavoro e disoccupazione


Questa settimana sono usciti i dati Istat sulla disoccupazione in Italia. Le fasce più colpite sono i giovani, 29,7% di disoccupati under 25; le donne, con un calo dell'occupazione femminile del 3,2% ; gli autonomi, con 209 mila autonomi in meno rispetto al 2019. Negli ultimi tre mesi del 2020 le persone in cerca di lavoro sono calate del 5,6 % scoraggiate dalla situazione.

Lavoro come offerta

Siamo abituati a pensare all'offerta di lavoro come l'offerta di impiego che fa un ente ad un aspirante lavoratore. Tuttavia il lavoro è ciò che il singolo può offrire al mercato affinché esso funzioni nel modo più proficuo. Il lavoratore offre la sua formazione pregressa e le sue capacità peculiari al servizio della società. La stessa etimologia di "lavoro" proveniente dal termine latino "labor" con il significato di fatica, attività, opera, indica che l'offerta è ciò che scaturisce dalla solerzia del singolo per la collettività.

Dunque quando pensiamo al lavoro non dovremmo pensare ad un'opportunità gentilmente a noi offerta, ma all'insieme di qualità che abbiamo sviluppato con il tempo e che potremmo impiegare attivamente al servizio degli altri, rinunciando al bene "tempo libero" per il bene "consumo", cioè la possibilità di spendere per beni primari e nel caso il salario lo consentisse, beni di lusso.

Domande per l'oggi 

I dati Istat sono fortemente scoraggianti: ho 23 anni, sono donna e faccio la fotografa quindi candidata lavoratrice autonoma. Sto sperimentando sulla mia pelle le difficoltà del mercato del lavoro. Non mi abbatto, ora sto godendo del bene "tempo libero" per migliorare me stessa e la mia offerta.

Tuttavia sapere di avere creatività, puntualità ed energia da offrire e nessuno che, ora, sembra disposto ad accoglierle è frustrante. Spesso mi sento ripetere che per me non è indispensabile lavorare poiché vivo ancora con la mia famiglia; ma dove finisce, dunque, la necessità di misurarsi con il mondo vero? Dove va la necessità di indipendenza dei giovani, se siamo ridotti al soddisfacimento dei bisogni primari? Sento dire che quello che faccio è schiacciare un bottone e che ormai le foto le fanno tutti senza bisogno di studiare. Mi dicono che forse dovrei prendermi una laurea per attestare il mio "grado culturale" e perché tanto il mercato del lavoro ora è fermo.

Tutti hanno molto da dire e nessuna risposta alle mie domande.
Perché se siamo una Repubblica fondata sul lavoro siamo ancora in piedi?
Perché lavorare, che è un diritto, è così difficile?
Perché il comparto artistico e culturale viene sminuito in continuazione?
Perché tutti dicono che noi giovani pagheremo lo scotto di una società che non funziona, senza capire che lo stiamo già pagando?
Perché nessuno capisce che la situazione lavorativa attuale, oltre che essere stata peggiorata dal Covid, è il risultato di politiche lavorative e di produzione fallate perpetuate in passato?

Conclusioni

Non mi dispero e a testa alta continuo a cerare lavoro fiduciosa che prima o poi arriverà, cercando di non badare a ciò che dice la gente. Vorrei solo che i media e l'opinione pubblica, smettessero di guardare ai giovani con sigle come NEET oppure raccontando di mammoni, svogliati ed ignoranti, unicamente dediti al culto dell'aperitivo.


Until debt tear us apart

Fotografia estratta dal progetto "World hits us" attualmente ongoing






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